STDUIO PSOR CONSULTING "E-NEWS" - Febbraio 2020

Coaching e Mentoring: 7 errori da evitare

 

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L’implementazione di un’attività di coaching dovrebbe favorire un maggiore spirito di collaborazione, mediante una comunicazione aperta, ponendo le basi per sviluppare una maggiore fiducia e rispetto nelle reciproche aspettative tra capo e collaboratore. In altri termini costruire una strada per generare alte prestazioni basate su una logica di partnership del tipo “win-win”, pur tuttavia questo percorso nasconde notevoli insidie, chi è in grado di riconoscere determinati segnali di allerta può evitare molti di questi ostacoli.
Il segreto per la gestione di un coaching successo consiste nel saper evitare i sette errori più comuni, finalizzati a ridurre conflitti inutili, prevenire turnover indesiderato e soprattutto le frustrazioni nei momenti di cambiamento, in particolare se sussiste  un’elevata consapevolezza sull’esistenza di questi ostacoli e sull’impegno per sviluppare le competenze  necessarie che sempre più spesso sono allocate a consulenti esterni, infatti esiste una netta differenza tra l'attività che può svolgere un capo, il "mentoring" ed il coaching vero e proprio che per ragioni di rapporto gerarchico non può svolgere  il capo. A prescindere da questa fondamentale differenza. Di seguito vediamo i 7 più comuni errori:

Errore 1 – Non dare segnali
Troppe persone credono che il modo migliore per costruire relazioni forti consista nel tacere ed evitare aperti disaccordi. La cosa peggiore che si può fare quando si ha un problema è quello di lasciarlo degenerare.

Errore 2 - Rimandare
Alcuni manager riscontrano delle situazioni in cui sarebbe necessario ricorrere al coaching e offrire dei feedback, ma tendono a procrastinare. Dicono a se stessi: "Voglio fare qualcosa al momento giusto quando non sono così occupato". In questi casi si è razionalizzato che ci sarà un momento ideale per parlare e quindi diventa una sorta di alibi per procrastinare. Questa carenza di tempestività genera più danni che benefici.

Errore 3 - Scaricare
Molti leader aprono l'attività di coaching solo dopo aver accumulato un elenco di problematiche piuttosto lungo. Quando si scarica un elenco lungo di preoccupazioni, la gente reagisce negativamente, ponendosi sulla difensiva, nascondendo le realtà o addirittura ritenendo il rapporto compromesso, senza spazi per il recupero.


Errore 4 -  Dominare
Quando alcuni superiori si aprono il dialogo, non sempre sono in grado di controllare gli effetti legati alla posizione organizzativa. La conversazione non essendo simmetrica può andare verso uno stile accusatorio, di rabbia o assumendo posizioni di tipo "cattedratico". La stragrande maggioranza dei dirigenti involontariamente tende a dominare le discussioni di coaching, semplicemente parlando il 75% delle volte in più del suo interlocutore. Questo viene talvolta razionalizzato col pensiero che il capo ha più da dire, ha più esperienza ed è per definizione più saggio.

Errore 5 - Prescrivere
Molti persone sono assai orgogliose delle competenze possedute. Come superiori, sembra che si abbia molto da offrire, e quindi si ritiene di sapere cosa è meglio. Talora ci si dimentica che il coaching dovrebbe aiutare a definire i contorni di una situazione, facilitare un accordo o una soluzione in modo che gli altri possano sentirsi coinvolti e artefici. Una volta che si comincia vendendo delle idee pre-costituite o delle convinzioni unilaterali, la capacità di analisi congiunta e la voglia di partecipare diminuisce sensibilmente.

Errore 6 - Attaccare
E' possibile che certe discussioni siano destinate a degenerare in sentimenti aggressivi. Quando un collaboratore si sente attaccato tenderà automaticamente a coprire, spostare le responsabilità e a chiudersi in se stesso parlando sempre meno. In questi casi le persone cominciano a sentirsi e a comportarsi come delle vittime piuttosto che essere collaborativi. Quando si attacca una persona la questione assume un carattere personale, piuttosto che divenire una discussione basata su fatti oggettivi.

Errore 7 - Negare
Troppi manager non creano rapporti di scambio. E' più facile vedere i difetti e le carenze degli altri che identificarle in se stessi. Questo fenomeno è chiamato "polarizzazione egocentrica". Incoraggiare e cercare feedback dagli altri richiede una grande capacità ed autostima. Per modellare gli altri occorre anche una forte volontà per sviluppare prima di tutto se stessi.


Non è così diffuso tra i manager pensare alle relazioni, soprattutto interne, come una risorsa di business e di vantaggio competitivo. A volte può sembrare che la direttività o alzare la voce sia un mezzo per ottenere certe cose in maniera più veloce e quindi una modalità più efficace del coaching. Non fatevi ingannare. Queste tattiche possono solo portare allo stress (negativo), alla stanchezza e alla demotivazione. In tutte le relazioni si ottengono alte prestazioni se le entità in gioco operano secondo una logica "io vinco-tu vinci" in caso contrario si perderà solo del valore, magari non percebile nell'immediato ma certamente sul medio-lungo periodo.

 

 

 

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